Pixel e Penombra: l’alchimia dell’onirico e del sacro in mostra nella pittura digitale di Mila Maraniello
![]() |
Il titolo dell'allestimento racchiude già una dichiarazione di poetica. Da un lato il pixel, unità minima e matematica, simbolo della contemporaneità che riduce e ricostruisce il reale. Dall’altro la penombra, spazio di sospensione e di attesa, grembo dove le immagini non si svelano mai completamente, ma vibrano di segreti. L’alchimia che l’artista compie è proprio questa: trasformare la freddezza digitale in materia spirituale, restituire al linguaggio tecnologico la sua dimensione visionaria, rituale, persino sacra.
Nel progetto espositivo, l’artista sembra interrogare i nostri occhi e, più ancora, la nostra psiche: cosa resta dell’immagine, quando il suo corpo si dissolve in punti? E cosa accade all’oscurità, quando si apre a squarci di luce digitale, rivelando un volto, un simbolo, un presagio? In questa tensione tra il frammento tecnologico e la profondità archetipica, tra il codice e la rivelazione, Maraniello compone un vero e proprio alfabeto visivo dell’inconscio.
Nel cuore del Complesso dell’Annunziata, tra pietra e memoria, la pittura digitale di Mila Maraniello svela la sua forza: non l’illusione di un virtuale sterile, ma la potenza antica di un sogno che si fa carne di pixel e respiro di penombra. Un’alchimia che richiama certe misteriose tradizioni partenopee, quelle che nei secoli hanno intrecciato scienza e magia, arte e segreto, lasciando nei vicoli della città tracce di esperimenti visionari e di enigmi che ancora oggi sembrano respirare.
La critica del curatore Gianpasquale Greco che accompagna l’esposizione, sottolinea la capacità dell’artista di attraversare il limite tra il sogno e la rivelazione, tra il profano e il sacro. Scrive infatti: «Circa trenta le opere in esposizione, la cui cifra stilistica è il pixel come materia pittorica emergente. Un pixel ampio, sgranato, volutamente dissolvente della forma. Azzardando un paragone forse anacronistico ma sostanzialmente validabile, si tratta di essere ‘macchiaioli’ del digitale. Ovvero capovolgere i parametri della risoluzione digitale, che ha per primo membro dell’equazione l’elevato numero di pixel e per secondo la nitidezza dell’immagine. Ancora raccordando tutte le opere in una declinazione comune, si osserva un carattere di profondo silenzio, suggerito dall’essenzialità delle composizioni e dalla loro ieratica, tetra, cruda frontalità, quasi prive di volumetria e di senso plastico. Il silenzio è poi ulteriormente marcato dall’assenza di azione e movimento, che inchioda lo spettatore alla contingenza del confronto ravvicinato, suggerito anche dal primissimo piano di quasi tutti i soggetti, con una semantica dell’immagine quasi da locandina o manifesto. In “MyAr” | Napoli, Mystica et Arcana, si era parlato di una costante inquietudine che, sì, continua ad esserci, ma cambia ragion d’essere. Lì era figlia della suggestione, spesso sinistra, della leggenda popolare. Qui è derivata da una dimensione esistenziale legata ai temi di una spiritualità forse ‘terribilista’ e spaventante, ma sincera».
In fondo, l’opera di Mila Maraniello sembra suggerire che l’arte digitale non sia un semplice esercizio di tecnica, ma un varco verso le zone d’ombra della coscienza. La penombra è quella che ci abita, che custodisce paure, sogni, memorie arcaiche. Il pixel, invece, è il nostro tempo: frammentato, accelerato, smaterializzato. Metterli in dialogo significa compiere un atto di resistenza poetica, un gesto di riconciliazione tra l’umano e il tecnologico, tra l’istinto e l’algoritmo. Passeggiando tra le opere, ci si sente spettatori e insieme protagonisti: i volti che emergono dalla sgranatura digitale sembrano guardarci, giudicarci, talvolta consolarci. È un teatro silenzioso, un altare laico dove ognuno può riconoscere le proprie luci e le proprie ombre. L’alchimia, appunto, non è solo nelle immagini: è nello sguardo che si lascia trasformare. Napoli, città di luce e di ombre, di superstizioni e rivelazioni, diventa lo scenario perfetto per questa esposizione che unisce il linguaggio digitale a un senso quasi mistico della rappresentazione.
Il vernissage è per il 3 ottobre alle ore 17:00, arricchito dai saluti istituzionali di Roberta Gaeta, consigliera regionale della Campania, e dagli interventi di Pino Perna (Presidente dell’Associazione “Annalisa Durante”) e dell’artista Elio Rumma, promette di trasformarsi in un rito collettivo.
Le note musicali di Davide Zito accompagneranno i presenti in un’atmosfera sospesa, mentre la riflessione sarà guidata dal giornalista e sociologo Giuseppe Giorgio, chiamato a moderare l’incontro.
BIO
Venticinque anni, laurea magistrale conseguita all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Mila Maraniello rappresenta una delle voci più giovani e sorprendenti della ricerca artistica digitale partenopea. Questa esposizione segna il secondo capitolo del suo percorso creativo, a due anni di distanza dalla mostra “MyAr” | Napoli, Mystica et Arcana”, presentata nel Complesso di San Domenico Maggiore e accolta con grande interesse dal pubblico e dalla critica.






Commenti
Posta un commento